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Stefano Tironi

Italexit: ecco l'emergenza che Conte non vuole affrontare

Proroga dello stato di emergenza per altri 6 mesi. È questa la proposta avanzata ieri dal governo che dovrà essere valutata ed eventualmente ratificata dal Presidente della Repubblica. All'atto pratico, una mossa politica più che sanitaria: in coro, molti virologi di fama internazionale ( Giulio Tarro a proposito non ha usato mezze parole in un suo tweet, attribuendo l'iniziativa a scopi solamente politici ) hanno definito folle e senza basi scientifiche la richiesta del premier impomatato Conte, smanioso di continuare il suo mandato come "sovrano" e governare a colpi di DPCM esautorando il ruolo fondamentale del Parlamento. "Giuseppi" è stato molto chiaro: solo evitando le lungaggini burocratiche delle votazioni parlamentari si potrà rispondere con prontezza alle emergenze a cui andremo incontro.

La domanda che dobbiamo porci è essenzialmente una: di quali emergenze parla l'avvocato del gruppo Bilderberg? Proviamo ad avanzare un'ipotesi, semplicemente di natura politica. L'Italia e gli italiani andranno incontro ad uno degli autunni più difficili dal secondo dopoguerra in avanti: la prospettiva patrimoniale è sempre più una realtà e le elezioni regionali di settembre potrebbero rappresentare una vera Waterloo per il sodalizio di governo. Conte questo lo sa bene ed è consapevole che il rischio di azioni sociali in stile Serbia potrebbero diventare una possibilità concreta: lo stato di emergenza darebbe la possibilità di bloccare sul nascere ogni tentativo reazionario, mettere il bavaglio ( in tutti i sensi ) alle proteste, pur deboli, delle opposizioni e scongiurare il rischio più grande, quello di dover passare dalle urne in tempi stretti. Ecco qui il nodo centrale dell'analisi, nodo che ha un nome e un cognome: Gianluigi Paragone. Il senatore ex 5 stelle ha da poco fondato un nuovo partito basato su un di solo, semplice ma chiarissimo principio: Italexit. I primi sondaggi, da prendere comunque con le pinze, lo danno già al 6-7%, cifra che lo collocherebbe come quinta forza politica sul territorio. Senza dimenticare come un italiano su due, già oggi, non nutre più fiducia nell'UE, vi è la possibilità concreta, quindi, che l'attivazione delle trappole Mes e Recovery Fund possano alzare ancora di più quella percentuale. Lo scenario sarebbe da incubo per Conte: battuto alle urne regionali, impossibilitato a legarsi con Meloni e Salvini, con i 5 stelle sempre più spaccati all'interno ( Di Battista pensa alla scissione, Di Maio ammicca a Draghi ) che perdono deputati e senatori a giorni alterni, si troverebbe sulla strada anche una nuova forza politica indisponibile a qualsiasi dialogo sul tema Europa, tanto caro al PD; una nuova forza che potrebbe rappresentare, a conti fatti, l'ago della bilancia di un possibile nuovo esecutivo. Sarebbe la fine della sua avventura da Premier e anche del viaggio europeo dell'Italia, Lega permettendo.

Insomma, parafrasando una frase cara ad Enrico IV di Borbone, la poltrona val bene un'emergenza ( di certo non sanitaria ).


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