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Stefano Tironi

Conte a Bruxelles esulta come Pirro a Eraclea


Vittoria di Pirro. È l'unica definizione che sovviene a chi scrive per definire l'annuncio in pompa magna dato da Conte e i suoi sgherri per la "pioggia di miliardi" che l'Europa, tramite il Recovery Fund darà all'Italia. Partiamo dagli aspetti negativi, cioè dalle conseguenze nefaste che questo accordo porterà al paese.

In primo luogo, si tratta di denaro non regalato bensì prestato: non serve un avvocato o un linguista per capire la differenza, vale a dire che i prestiti vanno restituiti e, nella restituzione, vi sono condizioni da rispettare, dettate dall'UE. Particolare che non va trascurato è che questo fondo, naturalmente, non si "riempie" da solo, ma grazie ai pagamenti che i vari paesi annualmente sono tenuti a versare; in pratica, verso dei soldi per riaverli indietro in prestito. Secondo aspetto non meno preoccupante è che questa "valanga" di miliardi arriverà, forse, a partire dalla primavera 2021 e dovranno essere spesi per attuare, così si legge sul documento ufficiale, riforme gradite e deliberate da parte dell'Unione. Proviamo a tradurre: soldi in prestito per mettere in atto processi di riforma decidi non dal governo italiano ma dai tecnici di Bruxelles, attenti più che altro a difendere lo spadroneggiare dei cosiddetti "paesi frugali" e bastonare l'economia italiana, considerata traballante ma allo stesso tempo un piatto molto ricco da cui attingere. Questo significa, prima di tutto, che il parlamento italiano perde definitivamente il suo ruolo, la politica italiana viene demandata alle decisioni estere, il nostro paese ha perso, dopo la sovranità economica, anche quella politica. Nei documenti ufficiali fuoriusciti dall'incontro si trova un'ulteriore particolare clausola, forse ancora più incredibile: esiste una sorta di "freno d'emergenza" che ogni paese potrà utilizzare per fermare all'istante l'afflusso di denaro verso un membro nel caso in cui si dovesse ritenere errato il modo in cui quei soldi vogliono essere impiegati. Un altro modo, insomma, per tenere l'Italia al guinzaglio e costringere i futuri governi ad accettare le decisioni prese lontano da Roma. Potremmo dire che il caso Grecia non ha aiutato, il Recovery Fund, che all'atto pratico si rivela un Mes a cui è stato cambiato semplicemente il nome per farlo digerire meglio ai cittadini, significa ingresso della Troika nel nostro paese.

Vittoria di Pirro dicevamo, perché a fronte di queste ovvie considerazioni vi è una maggioranza di governo ( ammesso che maggioranza sia ancora ) che celebra l'accordo come il trionfo dell'Europeismo; un'operazione buona forse a livello elettorale, portata avanti come quel personaggio della letteratura che per far digerire l'imposizione dell'usufrutto di 50 anni delle acque pubbliche ai cittadini riuscì a convertire il periodo in 10 lustri, fra le acclamazioni popolari. La realtà, andando oltre gli slogan propagandistici di sinistra e destra, è che l'Italia sta contraendo un debito che la porterà ad essere ancora più subalterna nelle decisioni e sottomessa nelle restituzioni: come Pirro ad Eraclea sconfisse i Romani subendo perdite talmente elevate, tali da venir travolto dagli avversari, anche Conte crede di aver avuto la meglio sui paesi del Nord, senza capire di essersi consegnato nelle loro mani. O, forse, lo sa benissimo e festeggia per questo motivo.

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